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OLTRE LA FRONTIERA QUANTISTICA: UNA STORIA APPASSIONANTE

di Massimo Auci
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(Parte seconda)
2. – La frontiera

Nella teoria elettromagnetica classica, per intenderci quella sviluppata nel periodo che va dal 600 fino all’800 da scienziati come Coulomb, Volta, sino ad arrivare a Maxwell, una coppia di cariche di segno opposto forma un dipolo, il sistema più elementare di cariche in interazione, la più semplice delle sorgenti elettromagnetiche.

Lo studio del dipolo può essere affrontato a vari livelli di complessità. Solitamente si prende in considerazione una coppia di cariche poste ad una certa distanza di interazione senza porsi il problema delle effettive condizioni dinamiche: energia, quantità di moto e traiettorie delle particelle interagenti.

Per analizzare l’emissione elettromagnetica di una sorgente di dipolo, consideriamo come variabili fondamentali del modello fisico l'estensione spaziale della sorgente, determinata dalla distanza di interazione, e la distanza di un osservatore (sistema fisico di osservazione e misurazione) rispretto al centro della sorgente.
Esaminando al crescere della distanza di osservazione il campo elettromagnetico che circonda la sorgente, si possono distinguere tre regioni fisiche:

(A) una regione vicina, delimitata spazialmente dai raggi interno ed esterno della sorgente. Questa racchiude la zona di spazio compresa tra le cariche del dipolo e il primo fronte dell’onda elettromagnetica emessa dalla sorgente;

(B) una regione di induzione magnetica, per distanze dalla sorgente dell’ordine della lunghezza d'onda di emissione;

(C) una regione di radiazione, per distanze più grandi della lunghezza d’onda.

Un osservatore si trova naturalmente nella regione di radiazione (C) di un qualunque dipolo microscopico ed è in grado di percepire e misurare, in base alle condizioni dinamiche che determinano il moto delle cariche del dipolo, un’emissione di uno o più impulsi elettromagnetici di frequenza determinata; nulla però si può dire per le regioni (A) e (B) della sorgente, troppo piccole perché sia possibile effettuare delle misurazioni.

Per percepire e misurare le caratteristiche del segnale elettromagnetico emesso in ciascuna delle tre regioni del campo di dipolo, occorre che la lunghezza d'onda sia abbastanza grande da contenere l’osservatore. Date le dimensioni microscopiche di un dipolo formato da particelle elementari cariche, queste comportano che la lunghezza d'onda di emissione debba essere molto più grande della reciproca distanza d'interazione e che il moto relativo tra le particelle sia talmente lento (quindi poco energetico) da generare un’emissione elettromagnetica con una lunghezza d'onda abbastanza grande da contenere l'osservatore. In questo caso il volume occupato dalla sorgente è trascurabile rispetto a quello occupato dal fronte d'onda sferico emesso e la sorgente può essere considerata puntiforme.

In realtà un dipolo non è esattamente puntiforme e l'onda emessa non è esattamente a simmetria sferica, cioè non emette in tutte le direzioni con la stessa intensità. Più precisamente ha simmetria cilindrica, cioè emette con intensità variabile in funzione dell'angolo compreso tra la direzione di emissione e l'asse del dipolo (l'asse che congiunge le due particelle) e solo se la lunghezza d’onda della sorgente è molto grande rispetto alla distanza d’interazione tra le cariche, lo scarto tra simmetria cilindrica e sferica diventa trascurabile. Diversamente con un campo elettromagnetico a simmetria cilindrica il dipolo non è in grado di emettere tutta l'energia e la quantità di moto prodotta durante l'interazione [1].

All’epoca dei miei studi in fisica mi incuriosì il fatto che nonostante l'atomo di idrogeno possa essere considerato un sistema dipolare con una distanza d'interazione determinata dalla distanza fondamentale tra nucleo (protone) ed elettrone, il comportamento durante la fase emissiva è differente da quello di un dipolo "classico".

Infatti, negli atomi eccitati da un campo elettromagnetico esterno, l’elettrone si allontana dal nucleo non per valori qualunque di energia e quantità di moto assorbiti, ma solo per determinati valori.
Durante la fase di transizione poi, dallo stato eccitato a quello fondamentale, l'atomo riemette l'energia e la quantità di moto assorbite in eccesso emettendo un singolo fotone, una sorta di corpuscolo neutro privo di massa, che media lo scambio di energia e quantità di moto tra campo elettromagnetico e materia.

Stando a quanto detto per il dipolo classico, anche l'atomo essendo un dipolo dovrebbe comportarsi come una sorgente macroscopica ed emettere un'onda elettromagnetica con energia proporzionale al quadrato dell'ampiezza del campo elettrico dell'onda che lo ha eccitato, invece no, gli assorbimenti e le emissioni di energia e quantità di moto sono quantizzate.
Se viceversa imponessimo ad un dipolo macroscopico una variazione della distanza d’interazione tra le cariche analoga a quella prodotta nell’atomo di idrogeno durante la fase di diseccitazione, l’energia e la quantità di moto emesse sarebbero esattamente quelle previste dalla teoria elettromagnetica classica di Maxwell. Perché allora su scala microscopica l'elettromagnetismo non permette previsioni corrette e il comportamento delle sorgenti è tanto differente?

La risposta può essere quella solita, cioè che l’elettromagnetismo è in grado di descrivere perfettamente solo l’interazione prodotta dal moto collettivo di un grande numero di cariche elettriche ma non l’interazione microscopica di una coppia di cariche come protone ed elettrone, che segue invece le leggi della meccanica quantistica, o può essere drasticamente inconsueta se affrontiamo il problema da un nuovo punto di vista [2].

Per esaminare il problema nel modo più realistico possibile, consideriamo un dipolo che emetta con lunghezze d'onda dell'ordine della distanza d’interazione delle cariche che lo formano. In questo caso le condizioni per considerare la sorgente come se fosse a simmetria sferica non sono verificate perché la distanza d’interazione e la lunghezza d'onda sono confrontabili: di conseguenza la differenza tra l’energia prodotta nell’interazione e quella emessa dalla sorgente è trascurabile solo accettando di perdere gran parte dell'informazione sia sulla effettiva struttura locale del campo elettromagnetico della sorgente, sia sulle quantità di energia e di moto non emesse e localizzate nell'intorno della sorgente. Quindi è p
roprio la mancanza di simmetria sferica del campo elettromagnetico della sorgente di dipolo a essere la causa di un differente modo di percepire da parte dell'osservatore gli scambi energetici tra radiazione e materia.

La macroscopicità dell'osservatore rispetto alla microscopicità della sorgente è perciò la frontiera fenomenologica, il limite tra l'osservazione del mondo macroscopico, dove valgono le leggi della meccanica classica e dell'elettromagnetismo, e quello microscopico dove è la meccanica quantistica a dominare. (continua)

Bibliografia
[1] M.Auci. "Natura fisica del fotone nella teoria elettromagnetica". Proc. LXXII Cong. SIF (1986) 209.

[2] M.Auci. "A Conjecture on the physical meaning of the transversal component of the Poynting vector". Phys. Lett. A 135 (1989) 86.
GIA' PUBBLICATE

1. – Introduzione
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